Font Size: A | A | A

In questo numero:

Agosto 2009

NEWS

Dal mondo

FAO: le piante infestanti sono il problema principale per gli agricoltori

I rischi per la sicurezza alimentare non derivano solo da alluvioni, siccità, parassiti e malattie, ma anche da un’altra importante minaccia: le infestanti. Secondo un rapporto della FAO, le infestanti causano ogni anno perdite nella produzione alimentare mondiale per 95 miliardi di dollari. Tenendo conto dei prezzi attuali, questo equivale a circa 380 milioni di tonnellate di grano, oltre la metà della produzione prevista per il 2009. La FAO ha stimato che di questi 95 miliardi di dollari, 70 miliardi (più del 70%) riguarderanno i paesi poveri.

Ricardo Labrada-Romero, esperto FAO, ha sottolineato che le infestanti non catturano l’attenzione quanto la siccità, gli insetti o le malattie, perché non hanno effetti altrettanto spettacolari. “Le infestanti si manifestano diversamente” ha detto Labrada-Romero. “Causano devastazione silenziosamente giorno per giorno, anno dopo anno”. Alcune specie di infestanti portare non solo alla perdita totale del raccolto, ma addirittura rendere i campi improduttivi per molti anni.

Le infestanti sono la prima causa della stagnazione della produzione soprattutto in Africa. “Potendo agire solo con il lavoro manuale, i piccoli proprietari africani devono disinfestare ogni giorno e questo significa che una famiglia può materialmente occuparsi di un terreno non più grande di 1-1.5 ettari,” spiega Labrada-Romero. “Una più corretta gestione del problema potrebbe tuttavia consentire di coltivare terreni più ampi con una maggiore produzione. Per fronteggiare il problema occorre che gli agricoltori adottino una serie di misure mirate, tra cui la rotazione delle colture, l’utilizzo di sementi certificate e di qualità, la solarizzazione dei terreni, l’uso della plastica di polietilene per incrementare le temperature dei terreni durante i mesi più caldi e l’utilizzo di metodi biologici per il controllo delle infestanti.

Il documento completo è disponibile all’indirizzo: http://www.fao.org/news/story/en/item/29402/icode/


Le tecniche agricole moderne potrebbero aver alterato il clima globale

William Ruddiman e Erle Ellis della University of Virginia e della University of Maryland-Baltimore, già cinque anni fa avevano ipotizzato che l’uomo abbia iniziato ad influenzare il clima globale già migliaia di anni fa, con la coltivazione di ampi appezzamenti di terra per soddisfare la domanda alimentare della popolazione. Secondo una ricerca condotta esaminando i risultati di alcuni studi fatti da antropologi, archeologi e paleo ecologisti, le prime civiltà usarono una grande quantità di terre per produrre una quantità di cibo relativamente ridotta. Le popolazioni primitive avrebbero fatto ricorso alle tecniche di “taglio e incendio” in cui le foreste venivano continuamente distrutte per far posto alle coltivazioni agricole.

“Solo quando le popolazioni sono cresciute, nel corso dei millenni, e hanno avuto bisogno di una maggiore quantità di cibo, i metodi agricoli sono stati migliorati per consentire di utilizzare meno terreno con una maggiore produzione” ha commentato Ruddiman. Ha inoltre sottolineato che con gli attuali metodi di coltivazione, più efficienti ed intensivi, le popolazioni in via di sviluppo stanno usando meno terreno pro capite. Le foreste stanno tornando in molte zone del mondo, anche se la progressiva industrializzazione ha portato ai cambiamenti climatici.

Secondo gli autori dello studio “gli esperti del clima dovrebbero tenere in considerazione quanto l’utilizzo delle terre sia cambiato nel tempo e come questo può aver influito sul clima”.

Il comunicato stampa è disponibile al seguente indirizzo: http://www.virginia.edu/uvatoday/newsRelease.php?id=9443


Nuova partnership per contrastare la ruggine del grano UG99

Un ceppo particolarmente virulento della ruggine del grano si sta diffondendo a livello mondiale provocando notevoli danni. La malattia, causata dal fungo Puccinia Graminis, ha avuto origine in Uganda (da qui il nome UG99) e si è poi spostata nella penisola Arabica, fino ad arrivare ora a minacciare le mega-produzioni di grano dei paesi dell’Asia Centrale. È nata così la collaborazione tra Syngenta AG, Syngenta Foundation for Sustainable Agriculture (SFSA) e l’International Maize and Wheat Improvement Center (CIMMYT), mirata a sviluppare una varietà di grano in grado di resistere a questa patologia particolarmente dannosa. I tre organismi lavoreranno insieme per identificare e mappare dei marcatori genetici da utilizzare per la creazione del varietà di grano resistente. I dati sui marcatori saranno poi resi pubblici.

Il progetto sarà finanziato dall’SFSA che in un comunicato stampa ha sottolineato che la collaborazione “è mirata a sviluppare una mappa genetica del grano resistente alla ruggine e vede il contributo degli esperti di genetica vegetale della Syngenta uniti gli sforzi del CIMMYT nel campo della ricerca”.

Il Direttore Generale del CIMMYT Thomas Lumpkin ha dichiarato che per il Centro è “motivo di grande soddisfazione entrare a far parte del nuovo progetto”. Secondo Lumpkin per raggiungere i livelli di produzione globale richiesti per il 2020, la produzione di grano dovrebbe crescere dell’1,6% ogni anno, gli investimenti nelle tecnologie specifiche per il frumento, tuttavia, sono in ritardo rispetto a quelle sviluppate per altri cereali.

Il comunicato stampa è disponibile al seguente indirizzo: http://www.syngentafoundation.org/db/1/821.pdf

Americhe

Monsanto e Twistdx insieme per sviluppare test diagnostici rapidi per le coltivazioni biotech

Grazie alla collaborazione tra Monsanto e TwistDx sarà possibile lo sviluppo di un kit diagnostico per l’acido nucleico, che migliorerà l’efficienza della sistema di distribuzione delle sementi biotech nel mondo. Le aziende stanno già utilizzando la tecnologia Reconbinase Polymerase Amplification (RPA) di proprietà della TwistDx, che permette di eseguire test con un risultato molto più rapido rispetto a ogni altro test di rilevamento sul DNA, mantenendo un elevato livello di specificità e sensibilità.

“Riteniamo che i sistemi diagnostici basati sull’RPA rappresentino un’evoluzione avanzata della diagnostica del DNA, in quanto più veloci e accurati. I test possono inoltre essere realizzati senza l’ausilio di tecnici qualificati. Siamo convinti che si potrà arrivare a sviluppare ulteriori applicazioni all’avanguardia utilizzabili in medicina, biosicurezza e agricoltura” ha dichiarato il Niall Armes, Amministratore Delegato di TwistDx. David Fishhoff, Responsabile per la strategia e lo sviluppo tecnologico di Monsanto ha sottolineato che “La tecnologia RPA di TwistDx rappresenta un cambio di marcia nella nostra capacità di identificare in modo rapido e accurato prodotti biotech. Questi test possono migliorare la nostra capacità di sviluppare e supportare prodotti che consentano agli agricoltori di aumentare i raccolti ottenendo risultati accurati in tempi ridotti”.

Il comunicato stampa è disponibile al seguente indirizzo: http://www.twistdx.com/


Porto Rico: firmata una legge per la promozione delle biotecnologie

Luis Fortuno, governatore di Porto Rico, ha firmato una “Legge per la Promozione e lo Sviluppo del Commercio Agricolo e Biotecnologico a Porto Rico”. Sharon Bomer Lauritsen, Vice Presidente Esecutivo per Alimentazione e Agricoltura, della Biotechnology industry Organization (BIO) ha dichiarato In un comunicato stampa: “La BIO esprime soddisfazione per la decisione dell’Assemblea Legislativa di Porto Rico e del governatore Fortuno e per la loro comune volontà e lungimiranza nel disporre e firmare una legge che promuove la ricerca e lo sviluppo delle agrobiotecnologie nel Commonwealth”.

Lauritsen ha aggiunto che “la nuova legislazione limita le possibilità di intervento in materia di regolamentazione da parte di qualsiasi autorità locale. Sono oltre 16 i governi, tra cui quello di Porto Rico, che hanno adottato leggi che impediscono l’intervento delle singole autorità locali in tema di agrobiotecnologie. Applicando Sia gli agricoltori nordamericani che le nostre aziende associate se applicano delle regole differenti da quelle standard, non possono operare con successo nel settore delle agricolture biotecnologiche.”

Il comunicato stampa BIO è disponibile all’indirizzo: http://bio.org/news/pressreleases/newsitem.asp?id=2009_0812_02

Asia e Pacifico

Cina: in arrivo il riso GM?

Il riso geneticamente modificato (GM) potrebbe presto entrare a far parte dell’alimentazione cinese. “La Cina ha lavorato notevolmente sulla ricerca in merito al riso transgenico e sta seriamente valutando la possibilità di commercializzarlo” ha dichiarato il Vice Ministro dell’Agricoltura Niu Dun. Su questo è concorde Cao Mengliang, ricercatore del China National Hybrid Rice R&D Centre, che ha aggiunto: “Gli studi sulla sicurezza di questa tecnologia sono stati completati. Sono ora in fase conclusiva le discussioni su come procedere per il lancio sul mercato di questo prodotto. L’unica cosa che manca prima di passare alla produzione commerciale è solo il certificato di sicurezza.”

Secondo quanto riportato dal China Daily il Centro per la Politica dell’Agricoltura Cinese ha commentato che il riso GM potrebbe portare a una riduzione dell’80% nell’uso di pesticidi e che le rendite potrebbero aumentare di circa il 6%. Attualmente la Cina produce circa 500 milioni di tonnellate di riso. Tenendo conto della crescita della popolazione cinese, che nel 2020 arriverà a 1,6 miliardi, il fabbisogno di riso sarà di 630 milioni di tonnellate di riso.

L’articolo completo è disponibile al seguente indirizzo: http://www.chinadaily.com.cn/china/2009-08/25/content_8611098.htm

Europa

In Belgio prove in campo per i pioppi GM

È stato recentemente revocato in Belgio il divieto relativo alle prove in campo di piante geneticamente modificate. Il Flanders Institute of Biotechnology (VIB) ha ottenuto il via libera dal governo federale belga per il rilascio limitato e controllato di alberi di pioppo GM, che producono meno lignina e più cellulosa. É la prima prova in campo nel paese dal 2002.

Secondo quanto riportato dalla rivista Europe Biotech News, il VIB ha dovuto fare appello al Consiglio di Stato, il più importante tribunale belga, per ottenere il permesso per effettuare le prove in campo. Nel maggio del 2008, la richiesta da parte del VIB era stata rifiutata anche dopo aver ricevuto l’approvazione del Belgian Biosafety Advisory Council e del Ministero dell’Ambiente delle Fiandre. La lignina fornisce alle piante forza e protezione contro patogeni e parassiti. Tuttavia separare la lignina dalla cellulosa che è ricca di energia, richiede una notevole quantità di tempo, oltre a essere molto costoso. Le piante modificate per ottenere un diverso livello di lignina possono rappresentare una soluzione più economica ed ecologica per produrre l’etanolo. Gli alberi di pioppi, che i ricercatori della VIB stanno testando, contengono il 20% in meno di lignina e il 17% in più di cellulosa per ogni grammo di legno. Test in serra hanno rivelato che gli alberi di pioppo transgenici producono il 50% in più di etanolo rispetto alle varietà tradizionali.

L’articolo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.eurobiotechnews.eu/service/start-page/top-news/?no_cache=1&tx_ttnews%5Btt_news%5D=10354&tx_ttnews%5BbackPid%5D=12&cHash=55358c4963


L’EFSA presenterà una nuova valutazione del mais GM MON810

L’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ha invitato gli stakeholders a riesaminare la relazione che esprimeva l’opinione scientifica in merito alla richiesta di rinnovo dell’autorizzazione all’utilizzo del mais geneticamente modificato (GM) MON810, nell’Unione europea. Per rispendere alle sollecitazioni provenienti da gruppi della società civile, l’EFSA ha esposto i seguenti punti:

  • Il panel di esperti in tema di OGM esprime la certezza d’aver preso in considerazione studi scientifici rilevanti;
  • Non intende sminuire né ignorare le ricerche e ha concluso che il rischio di effetti negativi legati alla coltivazione del MON810 su organismi non-target, come farfalle e altri insetti, risulta essere molto basso;
  • Sono state prese in esame tutte le proteine, sia quelle presenti nel MON810, che quelle ritenute teoricamente possibili e gli esperti non ritengano che siano presenti rischi per la sicurezza.
L’articolo completo è disponibile al seguente indirizzo: http://www.efsa.europa.eu/EFSA/efsa_locale-1178620753812_1211902771813.htm


Continua la ricerca sulle patate resistenti alla ruggine

La Phytopthora infestans (Peronospora della patata) è un microrganismo patogeno che causa la ruggine delle patate e che causò la grande carestia irlandese avvenuta oltre 150 anni fa, continua ad essere una seria minaccia per i coltivatori di patate in tutto il mondo. Secondo le stime ogni anno questa malattia costa ai coltivatori 3 miliardi di sterline (circa 5 miliardi di dollari) a causa delle perdite nel raccolto e all’impiego di prodotti chimici. Alcuni ricercatori della University of Dundee del Regno Unito, in collaborazione con i colleghi del Warwick HRI e della University of Aberdeen, hanno recentemente annunciato di aver identificato i geni essenziali del patogeno, il cui studio potrebbe aiutare nello sviluppo di nuove strategie per il controllo della malattia.

Gli scienziati, guidati da Paul Birch, hanno identificato oltre 500 geni codificanti gli effettori, proteine secrete dal patogeno che sopprimono le difese della pianta ospite. I ricercatori hanno scoperto all’interno di queste proteine una sequenza genetica ricorrente -RXLR, necessaria alle proteine patogene per entrare nelle cellule della patata. “Siamo molto soddisfatti per la scoperta dell’RXLR, che rappresenta una sorta di firma che consente di individuare le proteine immesse nella cellula ospite, dove potrebbero essere esposte a sistemi di sorveglianza e di difesa delle piante” ha spiegato Birch. I ricercatori sperano che questa scoperta possa portare allo sviluppo di nuove metodologie di controllo per un’ampia varietà di malattie delle piante non solo la ruggine della patata.

Maggiori informazioni sono disponibili al seguente indirizzo: http://www.bbsrc.ac.uk/media/releases/2009/090810_potato_blight_looks_promising_food_security.html


Germania nuovo logo per i prodotti OGM free

In Germania è stato recentemente approvato il logo “Ohne Gentechink” (senza OGM) da utilizzare per l’identificazione di alimenti di derivazione animali prodotti senza l’utilizzo di mangimi contenenti OGM, come il mais e la soia. Il Ministro tedesco per l’Agricoltura, Ilse Aigner, ha sottolineato che il nuovo logo servirà a “rendere più facile per i consumatori nella la scelta di prodotti alimentari senza OGM in modo consapevole”. L’obiettivo è quello di fornire ai consumatori una maggiore libertà di scelta e una maggiore trasparenza nel momento dell’acquisto.

Per molti produttori e per coloro che producono prodotti biologici, potrebbe risultare difficile rispettare i parametri stabiliti poiché nei processi di produzione alimentare, enzimi, additivi e aromi sono derivati da organismi geneticamente modificati sia in modo diretto che indiretto. D’altra parte alcune applicazioni di tecnologia genetica sono consentite nel caso di prodotti alimentari di origine animale come il latte, le uova o la carne.

Il nuovo logo sarò utilizzabile gratuitamente dai produttori che ne faranno richiesta ed è ampiamente apprezzato da ambientalisti e consumatori.

Maggiori informazioni sono disponibili all’indirizzo: http://www.gmo-compass.org/eng/news/460.docu.html Il comunicato stampa in lingua tedesca è disponibile all’indirizzo: http://www.bmelv.de/cln_093/SharedDocs/Standardartikel/Ernaehrung/SichereLebensmittel/Kennzeichnung/
OhneGentechnikKennzeichnung.html


Il Regno Unito rafforza l’impegno in tema di politica alimentare

É stato recentemente pubblicato dal Department for Environment, Food and Rural Affairs del Regno Unito (DEFRA) il report Food Matters: One Year On. Il documento descrive l’impegno del governo del Regno Unito in tema di politica alimentare in vari aspetti: salute, sicurezza alimentare, economia e ambiente. Vengono inoltre illustrate le priorità per i prossimi 12 mesi.

Tra le iniziative attuate spicca la creazione di un Council of Food Policy Advisers che avrà il compito di fornire supporto sulle misure pratiche da adottare per dar vita a un sistema alimentare sano e sostenibile. Il governo è inoltre impegnato insieme ad altri partner internazionali per fronteggiare il problema della fame nel mondo attraverso il progetto denominato Global Partnership for Agriculture, Food Security and Nutrition (GPAFSN).

Il report completo è disponibile al seguente indirizzo: http://www.defra.gov.uk/foodrin/pdf/food-matters-oneyearon090806.pdf


Dall’EFSA le linee guida per la coltivazione di piante GM da utilizzare in ambito farmaceutico

L’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ha pubblicato le prime direttive europee in materia di coltivazione di piante geneticamente modificate per la produzione di enzimi farmaceutici ed industriali. In base a tali direttive coloro che fanno domanda di autorizzazione devono specificare le differenze fra le piante GM utilizzate e la loro corrispondente varietà non GM e come queste differenze influiscono sulla crescita e sulla funzione delle piante. L’EFSA ha sottolineato che l’analisi comparativa è importante in particolar modo “in riferimento all’eventuale contaminazione da parte degli esseri umani, del bestiame e degli animali selvatici e all’esposizione di agricoltori e lavoratori che vengano a contatto con piante GM e all’esposizione di coloro che passano o che vivono nelle vicinanze”.

In base a queste direttive devono inoltre essere descritte in modo dettagliato le misure che si intendono utilizzare per prevenire la diffusione di materiale GM nell’ambiente. Per quanto riguarda ad esempio le piante che producono sostanze bio-attive stabili è necessario progettare soluzioni per prevenire o ridurre l’assunzione accidentale nel campo o dispersioni attraverso il drenaggio o la depurazione. Devono infine essere forniti dati che consentano la valutazione di misure di contenimento in tutti i tipi di condizioni ambientali, inclusi gli scenari peggiori.

EFSA avrà il compito di esaminare i rischi derivanti dalla coltivazione delle piante GM, mentre il compito di valutare la sicurezza delle sostanze prodotte da tali piante sarà affidato all’European Medicines Agency.

Secondo un articolo pubblicato dalla rivista Nature, le direttive possono essere paragonate positivamente alle regole fissate dalla Food and Drug Administration (FDA) e al Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA).

Il documento con le linee guida sono scaricabili al seguente indirizzo: http://www.efsa.europa.eu/EFSA/efsa_locale-1178620753812_1211902783659.htm L’articolo pubblicato da Nature è disponibile per gli abbonati al seguente indirizzo: http://www.nature.com/news/2009/090807/full/news.2009.630.html


Sviluppi della ricerca per migliorare il monitoraggio degli OGM

Il German Federal Bureau of Consumer Protection and Food Safety (BVL) e la Food Standards Agency del Regno Unito (FSA) hanno avviato una collaborazione per un progetto di ricerca e sviluppo biennale denominato "GMOseek". Il progetto è nato con l’obiettivo di sviluppare nuove procedure e strategie per monitorare gli organismi geneticamente modificati (OGM) negli alimenti, nel mangime e nelle sementi. Migliorare questo processo consentirà di effettuare analisi simultanee di numerose indagini basate su un numero di parametri variabili.

Il progetto vede la partecipazione di cinque laboratori di ricerca e analisi di Belgio, Germania e Slovenia, oltre a quella del Joint Research Centre della Commissione europea.

L’articolo completo è pubblicato all’indirizzo: http://www.coextra.eu/news/news1392.html


I MicroRNA regolano la fioritura

Un gruppo di ricercatori del Max Planck Institute for Developmental Biology di Tubingen hanno scoperto che il meccanismo che regola la fioritura delle piante di Arabidopsis dipende dalle proteine SPL, un gruppo di regolatori collegati. La produzione di tali proteine viene attivata con la diminuzione della concentrazione del microRNA sull’apice del germoglio delle piante in fase di fioritura. Il processo di attivazione avviene anche in assenza di altri regolatori che misurano la durata del giorno o la temperatura esterna, che potrebbe permettere la fioritura di piante abbastanza vecchie di fiorire anche in ambienti sfavorevoli.

I MicroRNA sono sequenze molto brevi di RNA che funzionano da regolatori essenziali per il corretto funzionamento dei geni di piante e animali. Legandosi al sito complementare dell’RNA messaggero (che codifica per gli amminoacidi), ne inibiscono la traduzione in proteine e la conseguente inattività del gene corrispondente. Con l’abbassamento della concentrazione di microRNA, le piante possono sintetizzare le proteine corrispondenti necessarie per la fioritura.

Il documento è disponibile al seguente indirizzo: http://www.mpg.de/english/illustrationsDocumentation/documentation/pressReleases/2009/
pressRelease20090817/index.html


In Islanda attivisti distruggono un campo di orzo geneticamente modificato

Secondo quanto riportato dalla rivista Iceland Review, alcuni attivisti hanno recentemente distrutto un campo di orzo geneticamente modificato (GM) a Gunnarsholt, nell’Islanda del sud. Il campo è di proprietà della ORF Genetics, start-up specializzata nella ricerca su prodotti farmaceutici e medici da coltivazioni GM. Björn Lárus Örvar, amministratore delegato della ORF, ha dichiarato che i danni provocati dagli attivisti ammontano a diversi milioni. “Per una piccola azienda come la nostra, impegnata nel difficile settore delle innovazioni, questo rappresenta un serio problema”. L’attacco è stato rivendicato da un gruppo di attivisti chiamati Illgresi (che in lingua islandese significa ‘infestante’).

Ultimamente sono stati registrati numerosi attacchi ai campi GM in sperimentazione in Europa, soprattutto in Germania, Francia e nel Regno Unito, dove nello Yorkshire un gruppo di attivisti ha distrutto un campo di patate GM resistenti ai nematodi causando danni per oltre 40.000 dollari e la perdita di mesi di ricerca.

L’articolo originale è disponibile all’indirizzo: http://icelandreview.com/icelandreview/daily_news/?cat_id=16539&ew_0_a_id=338035

RICERCA

Il mais GM ricorre ai nematodi per contrastare la diabrotica

Alcuni ricercatori dell’Università di Neuchâtel in Svizzera hanno sviluppato alcune piante di mais geneticamente modificate che resistono alla diabrotica del mais emettendo una sostanza chimica che richiama gli ascaridi, nematodi parassiti che attaccano gli insetti.

Nel momento in cui sono attaccate da insetti erbivori le piante emettono una serie di componenti volatili, che svolgono svariate funzioni, tra cui il richiamo dei nemici naturali di tali insetti, con un processo che gli scienziati chiamano “difesa indiretta”. Le piante di mais infestate dai vermi alla radice, ad esempio, rilasciano beta cariofillene (EβC) per attrarre i nematodi. I ricercatori hanno però anche rilevato che dopo decenni di coltivazione, la maggior parte delle varietà di mais del Nord America non erano più in grado di emettere il sesquiterpene e che avevano perso la capacità di attrarre i nematodi benefici.

I ricercatori dell’Università di Neuchâtel, in collaborazione con i colleghi del Max Planck Institute for Chemical Ecology, hanno introdotto il gene dell’origano per il beta cariofillene in una varietà di mais che normalmente non emette la sostanza. Successivamente il Bradford Research and Extension Center dell’Università del Missouri ha condotto le prove in campo della varietà di mais GM. I ricercatori hanno osservato che negli appezzamenti di terreno infestati dalla diabrotica in cui erano stati rilasciati i nematodi, le piante transgeniche presentavano significativamente meno danni e avevano presenza di diabrotica inferiore del 60% rispetto alle varietà non modificate.

“L’impiego di nemici naturali della diabrotica del mais al posto degli insetticidi può risultare molto più rispettoso dell’ambiente” ha sottolineato Jörg Degenhardt, ricercatore del gruppo che ha seguito il progetto. Anche se non si è riusciti a sviluppare una varietà sfruttabile a livello commerciale, si è dimostrato che è possibile migliorare geneticamente il controllo biologico degli insetti nocivi.

Il documento pubblicato dalla rivista PNAS è disponibile all’indirizzo: http://dx.doi.org/10.1073_pnas.0906365106 L’articolo redatto dal Max Planck Institute for Chemical Ecology è disponibile all’indirizzo: http://www.ice.mpg.de/news/prelease/Pressem_Degenhardt2009_en.pdf


I segreti genetici del mais

La rivista Science ha recentemente pubblicato due articoli che riportano le più importanti scoperte genetiche del mais che possono rivoluzionarne la coltivazione. Alcuni ricercatori del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) hanno lavorato in collaborazione con diverse università degli Stati Uniti e hanno scoperto che nel mais non sono presenti “big genes”, ovvero regioni di geni che controllano tratti complessi. Hanno tuttavia osservato che la variazione genetica in questo tipo di semente è un prodotto di “geni che lavorano insieme, ognuno con un proprio piccolo effetto, che può essere modificato dai coltivatori”.

Ed Buckler e i suoi colleghi hanno studiato e valutato più di un milione di piante di mais per identificare i geni coinvolti nel processo di fioritura. “Abbiamo effettuato un’analisi approfondita, ma non siamo riusciti a individuare grandi geni e grandi effetti” ha commentato Buckler. “Esistono invece intorno al genoma molti piccoli geni che partecipano al processo di fioritura”. Il gruppo di ricerca ha identificato 29-56 QTL (quantitative trait loci) che riguardano il processo di fioritura.

Studiando gli oltre 1.100 geni marcatori che caratterizzano l’eredità genetica, i ricercatori hanno scoperto che per la maggior parte dei genomi, ogni genitore contribuiva per circa la metà. Hanno però anche osservato sottili differenze “che indicano come molti geni abbiano scarsi effetti sul successo riproduttivo”.

I ricercatori hanno inoltre spiegato di aver individuato per la prima volta un importante schema nella ricombinazione genetica, in cui ampie parti del genoma falliscono nel ricombinarsi vicino al centro di un cromosoma di un ibrido di mais. Sembra che questo schema contribuisca al vigore ibrido (eterosi).

Gli articoli pubblicati dalla rivista Science sono disponibili per gli abbonati al seguente indirizzo: http://dx.doi.org/10.1126/science.1174320 e http://dx.doi.org/10.1126/science.1174276 Maggiori informazioni sono disponibili all’indirizzo: http://www.ars.usda.gov/is/pr/2009/090806.2.htm e http://www.news.cornell.edu/stories/Aug09/maizeGenetics.html


L’orologio biologico degli insetti può essere usato contro di loro

Un gruppo di ricercatori dell’Oregon State University degli Stati Uniti ha scoperto che l’orologio biologico degli insetti può essere utilizzato per renderli più sensibili ai pesticidi in determinate ore della giornata. Louisa Hooven e il suo gruppo di colleghi, in un articolo pubblicato dalla rivista PLoS ONE, spiega come i ritmi circadiani coordinino i geni che metabolizzano xenobiotici, ovvero i geni responsabili della scomposizione delle sostanze tossiche quali i pesticidi. I ricercatori hanno esaminato i profili giornalieri dell’attività enzimatica (glutatione S-transferasi e uridina 5′-difosfo glucosiltransferasi) e misurato le risposte ai pesticidi quali propoxur, deltametrina, fipronil e malathion nell’organismo modello Drosophila melanogaster.

I ricercatori hanno scoperto che le difese degli insetti contro i due pesticidi più comunemente usati, propoxur e fipronil, sono più forti a mezzogiorno e più deboli verso l’alba, il tramonto o la metà della notte. “Abbiamo verificato che occorre una dose tripla di un determinato pesticida per avere lo stesso effetto letale sui moscerini della frutta durante le ore del giorno, quando le loro difese sono più forti, rispetto a quando sono più deboli” spiega Hooven. “Per altri pesticidi occorre il doppio della dose. Risulta quindi chiaro che il momento della giornata in cui avviene l’esposizione al pesticida influisce notevolmente sulla sua efficacia”.

“In base a questo studio riteniamo che il momento specifico della giornata in cui viene utilizzato il pesticida, dovrebbe essere preso in considerazione nelle strategie di controllo degli insetti e nella valutazione dei rischi derivanti dall’esposizione delle persone alle sostanze chimiche tra cui i pesticidi” sottolineano i ricercatori. Tali risultati potrebbero essere utili nei programmi di integrated pest marketing (IPM), che intendono minimizzare l’uso di pesticidi, prevenire lo sviluppo di resistenza ai pesticidi e migliorare l’efficacia dei programmi di controllo degli insetti.

Il documento pubblicato da PLoS ONE è disponibile all’indirizzo: http://dx.doi.org/10.1371/journal.pone.0006469


Un nuovo meccanismo per aumentare le proteine ricombinanti contenute nel tabacco

L’iperespressione di proteine ricombinanti è una delle strategie utilizzate per ottenere il fenotipo desiderato nelle piante. I polipeptidi di elastina (ELP) sono biopolimeri sintetici e si è dimostrato che i polpeptidi fusi possono incrementare l’accumulo di diverse proteine ricombinanti nelle piante. Rita Menassa e il suo team di colleghi dell’Agriculture and Agri-Food Canada di Londra hanno sviluppato dei polipeptidi ‘tag’ fusi per la proteina fluorescente verde (GFP) e ne hanno testato l’efficacia e il meccanismo di azione nell’aumentare l’accumulo di proteine ricombinanti nel citoplasma, nei cloroplasti, negli apoplasti e nel reticolo endoplasmatico delle cellule di tabacco.

Dai risultati è emerso che il reticolo endoplasmatico era l’unico organulo che accumulava i polipeptidi di elastina con un significativo aumento dell’accumulo di fusione ricombinante. Si è inoltre scoperto che un nuovo tipo di corpo proteico è responsabile di proteggere la proteina eterologa ricombinante dalla deterioramento nel reticolo endoplasmatico. Questi corpi proteici presentano somiglianze in grandezza e morfologia con i corpi proteici a base di prolamina che si trovano naturalmente nei semi delle piante. Sembra che la proteina di fusione ELP-GFP derivata da mammiferi sia protetta da questi corpi proteici delle cellule vegetali durante l’iperespressione.

Maggiori informazioni sono disponibili al seguente indirizzo: http://www.biomedcentral.com/1741-7007/7/48/abstract


Come aumentare il contenuto della vitamina B6 nelle piante attraverso l’ingegneria metabolica

La vitamina B6 è una vitamina solubile in acqua che esiste in 3 forme: piridossina, piridossale e piridoxamina. Il complesso vitaminico B agisce come cofattore versatile per molti enzimi catalizzando importanti reazioni biochimiche. Diversamente da batteri e piante che possono sintetizzare autonomamente la vitamina B6, gli animali hanno bisogno di assumerla attraverso la dieta. La carenza di vitamina B6 è stata messa in relazione ai casi attività cognitive compromesse, al morbo di Alzheimer, a malattie cardiovascolari e a diversi tipi di cancro, specialmente nella popolazione più anziana. Risulta quindi di grande interesse per gli scienziati la possibilità di incrementare i livelli di vitamina B6 nelle piante, migliorando il loro valore nutrizionale.

In un report pubblicato dalla rivista Plant Biotechnology Journal, alcuni ricercatori del Donald Danforth Plant Science Center, Stati Uniti, hanno sottolineato la possibilità di creare i principi della vitamina B6, contenuti nei semi di Arabidopsis, attraverso l’ingegneria metabolica. L’iperespressione dei geni PDX1 e PDX2 ha portato, nelle piante di Arabidopsis, ad un accumulo nei semi di una quantità di vitamina B6 doppia rispetto alla corrispondente varietà non transgenica. Hao Chen e Liming Xiong hanno sottolineato come questa scoperta sia particolarmente importante per quelle colture vegetali le cui sementi rappresentano la principale fonte di alimentazione umana e animale.

L’articolo è disponibile al seguente indirizzo: http://dx.doi.org/10.1111/j.1467-7652.2009.00433.x


Le piante in condizioni di stress rilasciano una quantità maggiore di metano di quanto finora ipotizzato

Come gli animali, anche le piante subiscono condizioni di stress e in queste circostanze rilasciano una serie di componenti tra cui il gas metano, potente gas serra. Rispetto al biossido di carbonio, il metano (CH4) è in grado di immettere nell’atmosfera una quantità di calore 20 volte più elevata e che vi rimane per oltre dieci anni. Gli scienziati hanno osservato che le piante sottoposte a condizioni di stress dovute ai raggi ultravioletti (UV) rilasciano metano, ma pochi studi sono stati effettuati per stabilire come i molteplici fattori ambientali, quali ad esempio i cambiamenti climatici a livello globale, influiscano sulle emissioni di metano delle piante. Mirwais Qaderi e David Reid, ricercatori dell’Università di Calgary in Canada, hanno studiato gli effetti combinati dovuti alla temperatura, alle radiazioni UVB e alla mancanza d’acqua, sull’emissione di metano delle piante. I risultati della loro ricerca sono stati pubblicati dalla rivista Physiologia Plantarum.

I ricercatori hanno scoperto che l’elevata temperatura, la mancanza d’acqua e le radiazioni UVB aumentano significativamente le emissioni di CH4 nelle piante di fava, girasole, pisello, colza, orzo e grano. La quantità più elevata di emissioni è stata registrata nelle piante di pisello, mentre la più bassa nell’orzo. “Questi risultati potrebbero far chiarezza sui pennacchi di CH4 che si sono recentemente osservate su alcune foreste tropicali e potrebbero indicare che temperature più alte e stagioni relativamente più secche possono aver aumentato i livelli di emissione di CH4 delle piante di questa regione" hanno spiegato Qaderi e Reid. I ricercatori stanno ora studiando gli effetti dell’elevata presenza di biossido di carbonio, in concomitanza con altri fattori ambientali, sulla produzione di CH4 delle piante.

La ricerca è disponibile all’indirizzo: http://dx.doi.org/10.1111/j.1399-3054.2009.01268.x

BIOCOMBUSTIBILI

EBB Report 2008-2009: resiste il mercato dell’industria del biodiesel in Europa

Nel suo ultimo rapporto statistico sulla produzione e sulla potenzialità del biodiesel, l’EBB (European Biofuels Board) definisce le performance dell’industria del biodiesel dell’Unione europea (Ue) come soggette a notevoli variazioni a causa di una situazione di competizione internazionale sleale e di condizioni del mercato sfavorevoli. Durante gli ultimi due anni (2007 e 2008), i produttori di biodiesel dell’Unione europea hanno dovuto competere con la miscela B99, “fortemente sovvenzionato” e svenduto dagli Stati Uniti. Secondo quanto riportato, la miscela B99 proveniente dagli Stati Uniti viene venduto ad un prezzo molto più basso rispetto alla stessa materia prima. Nonostante questa situazione nel 2008, in Europa, è stato prodotto un totale di 7,7 milioni di tonnellate di biodiesel, con un incremento del 35% rispetto al 2007. Altri punti salienti della relazione sono i seguenti: (1) grazie all’istallazione di capacità produttive di circa 21 milioni di litri, l’Ue è pronta a immettere sul mercato quantità più elevate di biodiesel in futuro; (2) gli stati membri dell’Ue sono riusciti a creare una struttura chiara che dia supporto alla distribuzione di biodiesel e biocarburanti, soprattutto in base agli obiettivi obbligatori; e (3) il biodiesel continuerà ad avere un ruolo decisivo per la sicurezza energetica dell’Europa.

Maggiori informazioni relative alla relazione sulla produzione annuale di biodisel della EBB sono disponibili all’indirizzo: http://www.ebb-eu.org e http://www.ebb-eu.org/EBBpressreleases/EBB%20press%20release%202008%20prod%202009%20cap%20FINAL.pdf http://www.thebioenergysite.com/articles/400/eu-biodiesel-industry-shows-resilience


Eliocultura: pannelli solari ibridi per la conversione diretta dell’energia solare in biocarburanti

Il termine ‘Eliocultura’ è una novità recente che sta suscitando particolare interesse nel settore dei biocarburanti. Questo tipo di tecnologia è stato da poco lanciato dalla Joule Biotechnologies, giovane azienda americana. Un’interessante aspetto innovativo di questa tecnologia è la sua capacità di convertire l’energia solare direttamente in biocarburante, senza nessun processo intermedio. Nei tradizionali processi di produzione di biocarburanti, l’energia solare è invece utilizzata innanzitutto per coltivare delle materie prime alla base (quali ad esempio colture agricole e alghe). Le materie prime sono successivamente trasformate nei diversi biocarburanti attraverso una lunga serie di fasi con processi di tipo biologico (microbico/enzimatico) o termochimico. Queste fasi intermedie influiscono notevolmente sul costo dei biocarburanti. Il processo di conversione diretta della eliocultura elimina le fasi intermedie ed è quindi caratterizzato da una sostanziale riduzione dei costi di trasformazione e da un miglioramento della sostenibilità della produzione di biocarburanti. Il sistema utilizzato consiste essenzialmente in un convertitore solare (configurato come un pannello solare) riempito con acqua salmastra, alimenti e organismi geneticamente modificati in grado di facilitare la fotosintesi che convertono direttamente l’energia solare e l’anidride carbonica in biocarburanti liquidi. La conversione diretta propria della eliocultura presenta alcune caratteristiche interessanti: (1) non è necessario utilizzare acqua dolce, (2) richiede un utilizzo minimo di terreno per la produzione (3) “consente di evitare i costi legati ai processi intermedi”, operazioni che solitamente sono presenti in altri processi di produzione di biocarburante e (4) “consente la misurazione, la produzione di quantità illimitate e prezzi fondamentali per l’indipendenza energetica.”

http://www.biofuelreview.com/content/view/1957/
http://www.joulebio.com/news/2009/joule-biotechnologies-introduces-revolutionary-process-producing-renewable-transportation-
http://www.technologyreview.com/biomedicine/23186/

Informazioni correlate: Heliotechnology Works (diagramma) http://www.joulebio.com/why-solar-fuel/how-it-works