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In questo numero:

Maggio 2009

NEWS

Dal mondo

Brasile, Cina e India: questi i più importanti paesi biotech emergenti

Brasile, Cina e India sono tre fra i principali paesi biotech grazie ai quali si stanno sviluppando livelli di biotecnologie in grado di competere con quelli degli Stati Uniti. È quanto emerge da un articolo pubblicato da Genetic Engineering and biotechnology News sulla base di una serie di interviste fatte ai manager a capo delle aziende biotech.

In Brasile, Belo Horizonte, San Paolo e Rio de Janeiro sono stati identificati quali “cluster” biotech emergenti, nei quali gran parte delle attività è incentrata sulle biotecnologie applicate all’agricoltura. La Repubblica Popolare Cinese ha dichiarato che lo sviluppo di un’industria biotech vibrante deve considerarsi prioritario, e nel paese sono emersi diversi parchi biotecnologici. Shanghai e Beijing ospitano i più grossi raggruppamenti di aziende biotech. Analogamente, si prevede che entro i prossimi due o tre anni in India si assisterà alla creazione, attraverso partnership pubbliche e private, di 27 parchi biotecnologici.

La versione integrale dell’articolo è disponibile a questo indirizzo:http://www.genengnews.com/articles/chitem.aspx?aid=2883


L’industria alimentare ha bisogno delle tecnologie

A livello mondiale l’industria alimentare ha bisogno delle tecnologie. È quanto si legge in un articolo dal titolo "Technology's Role in the 21st Century: Food Economics and Consumer Choice" a firma di Jeff Simmons. Simmons, di Elanco Animal Health, ritiene che “le conseguenze derivanti dal mancato uso di tecnologie e innovazioni basate sulla scienza saranno disastrose” e che ”abbiamo tutti la responsabilità di garantire che le nuove tecnologie agricole, insieme a quelle che si sono dimostrate sicure ed efficaci per un decennio, continuino a essere disponibili.”

Simmons aggiunge che i consumatori meritano di avere a loro disposizione il maggior numero possibile di alimenti sicuri ed economici e che il sistema di produzione alimentare può combattere la sfida dei prezzi alimentari e risultare, alla fine, vincitore. Secondo l’autore saranno la collaborazione, la scelta e la tecnologia gli elementi che indicheranno la strada da seguire e i requisiti necessari per essere i vincitori finali della sfida dei prezzi alimentari.

L’articolo è a disposizione a questo indirizzo:http://www.elanco.com/images/Food-Economics-and-Consumer-Choice-White-Paper.pdf


La misurazione dell’impatto economico delle colture GM

Con il progressivo aumento degli agricoltori dei paesi in via di sviluppo che iniziano a coltivare piante gm, diventa sempre più importante fare un’attenta valutazione dei vantaggi offerti da queste coltivazioni. Un’analisi delle politiche alimentari condotta dall’International Food Policy Research Institute esamina la letteratura sull’economia applicata relativa all’impatto delle coltivazioni gm sull’agricoltura dei paesi in via di sviluppo e studia i metodi di ricerca utilizzati per valutare l’impatto di queste coltivazioni su agricoltori, consumatori, sul settore agricolo nel suo insieme, e sul commercio internazionale. L’analisi costituisce un utile strumento per i ricercatori che vogliono elaborare analisi utili e obiettive sulle biotecnologie agricole, producendo materiali che potranno essere utilizzati dai legislatori dei diversi paesi in via di sviluppo.

Lo studio, dal titolo "Measuring the Economic Impacts of Transgenic Crops in Developing Agriculture During the First Decade: Approaches, Findings, and Future Directions" è disponibile a questo indirizzo: http://www.ifpri.org/pubs/fpreview/pv10.asp.


Le associazioni che riuniscono i produttori di frumento sincronizzeranno l’introduzione di frumento biotech in Stati Uniti, Canada e Australia

Le organizzazioni che rappresentano l’industria del frumento in Stati Uniti, Canada e Australia hanno dichiarato che intendono sincronizzare la commercializzazione delle caratteristiche biotech nel frumento in maniera tale da minimizzare le turbative del mercato. In una dichiarazione gli industriali del frumento hanno sottolineato l’importanza del frumento fra le risorse alimentari, le tendenze a una lenta crescita delle rese, e la mancanza di investimenti pubblici e privati nel settore della ricerca. Hanno inoltre osservato che le biotecnologie potrebbero essere un “importante componente” per affrontare le questioni più rilevanti che dovranno essere affrontate dal questa industria.

Le organizzazioni degli Stati Uniti erano rappresentate dalla National Association of Wheat Growers, dalla U.S. Wheat Associates e dalla North American Millers' Association. Fra le associazioni canadesi segnaliamo la Grain Growers of Canada, la Western Canadian Wheat Growers Association e l’Alberta Winter Wheat Producers Commission. Per l’Australia erano invece presenti il Grains Council of Australia, la Grain Growers Association e Pastoralists and Graziers Association of Western Australia (Inc.). presenti.

Il testo integrale della dichiarazione è disponibile a questo indirizzo: http://www.wheatworld.org/biotech


Uno studio del PGE: dalle coltivazioni GM derivano contributi socio-economici e ambientali positivi

I risultati di uno studio esaustivo dal titolo: GM crops: Global socio-economic and environmental impacts 1996-2007" di Graham Brookes e Peter Barfoot di PG Economics Ltd, con sede nel Regno Unito, rivelano che “le biotecnologie hanno portato dei benefici economici e ambientali grazie a una combinazione dei loro vantaggi tecnici inerenti e al ruolo delle tecnologie nella facilitazione e nello sviluppo di pratiche agricole più economiche e sostenibili dal punto di vista ambientale”.

Lo studio è incentrato sugli effetti economici per le aziende agricole, sugli effetti della produzione, sull’impatto ambientale derivante dai cambiamenti nell’uso di insetticidi ed erbicidi e sul contributo nella riduzione delle emissioni di gas serra.

La versione integrale del rapporto può essere scaricata a questo indirizzo:http://www.pgeconomics.co.uk/pdf/2009globalimpactstudy.pdf


Rapporto OCSE su bioeconomia e biotecnologie

Le scienze biologiche stanno portando valore aggiunto a una serie di prodotti e servizi che danno origine a una “bioeconomia”. Questa bioeconomia potrebbe produrre importanti contributi socioeconomici, ad esempio portando benefici per la salute, incrementando la produttività agricola e ottimizzando i processi industriali, e migliorando la sostenibilità ambientale. È questa l’analisi del documento The Bioeconomy to 2030: Designing a Policy Agenda, pubblicato dall’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico.

Il rapporto esamina le applicazioni biotecnologiche, il ruolo delle sovvenzioni per ricerca e sviluppo, le risorse umane, la proprietà intellettuale e la normativa nell’ambito della bioeconomia. Sempre nello studio, si mostra lo sviluppo di scenari fino al 2030, al fine di mostrare come l’interrelazione fra scelte politiche e avanzamenti tecnologici dia forma alla bioeconomia.

Il rapporto è disponibile a questo indirizzo:http://www.oecd.org/document/38/0,3343,en_2649_36831301_42570790_1_1_1_1,00.html

Americhe

EMBRAPA and JIRCAS insieme per sviluppare varietà di soia resistenti alla siccità

La International Cooperation Agency of Japan (JICA) ha approvato un progetto del valore di 6 milioni di dollari USA per sviluppare varietà di soia resistenti alla siccità in Brasile. Il progetto, della durata di cinque anni, è guidato dal Japan International Research Center for Agricultural Sciences (JIRCAS) e dal Brazilian Agricultural Research Corporation (EMBRAPA). È uno dei 21 progetti selezionati dalla Agency of Science and Technology of Japan, che saranno attuati in Asia, Africa e America Latina.

Alexandre Lima Nepomuceno, ricercatore presso EMBRAPA Soja, in collaborazione con il ricercatore Kazuko Yamaguchi-Shinozaki del JIRCAS sarà a capo del progetto. Le ricerche in questo ambito sono iniziate nel 2032 quando il JIRCAS ha firmato un accordo per trasferire il gene DREB (Dehydration Responsive Element Binding Protein) presso l’EMBRAPA. Nepomuceno ha dichiarato che i risultati sono positivi e che nella stagione 2009-2010 sottoporranno il cultivar della soia a prove in campo per stabilire la tolleranza della pianta alla siccità.

Ulteriori informazioni sono disponibili a questo indirizzo: http://www.embrapa.br/embrapa/imprensa/noticias/2009/abril/4-semana/embrapa-e-jircas-aprovam-projeto-de-6-milhoes


Un’idea “estiva”: trasformare il succo d’anguria in etanolo

Dolci, rinfrescanti e succulente: le angurie sono forse l’icona dell’estate per eccellenza. La polpa rosa ha anche un sapore delizioso, ma le angurie sono molto di più di tutto questo. I ricercatori dell’Agricultural Research Service (ARS) del Dipartimento dell’Agricoltura Americano hanno scoperto che gli zuccheri semplici del succo d’ anguria possono essere trasformati in etanolo.

In generale l’etanolo si ricava da coltivazioni quali mais, canna da zucchero e bietola da zucchero. Ma Wayne Fish e i colleghi dell’ARS ritengono che il loro lavoro sull’anguria avrà un ruolo determinante nel diversificare la gamma di coltivazioni per la produzione di biocombustibile. Solo nel 2007 sono state lasciate nei campi oltre 80 milioni di libbre di angurie (pari a oltre 36.000 tonnellate), vale a dire il 20% del raccolto degli Stati Uniti, perché non erano adatte al mercato. I ricercatori si augurano di poter utilizzare queste angurie in maniera più utile.

Fish e colleghi hanno dimostrato che è possibile ottenere la fermentazione dell’etanolo a partire dal fruttosio e dal saccarosio presenti nel succo d’anguria. In media, un’anguria di 20 libbre (pari a circa 9 chilogrammi) produrrà approssimativamente 7/10 di libbra di etanolo (pari a poco più di 300 grammi). Gli scienziati dell’ARS stanno ancora finalizzando il loro approccio, concentrandosi sul modo di estrarre il maggiore quantitativo di zuccheri. L’approccio dei ricercatori si integra con gli studi attualmente in corso per estrarre dall’anguria, in maniera commerciale, il licopene e la citrullina, entrambi composti nutraceutici ritenuti salutari.

La versione integrale dell’articolo è disponibile a questo indirizzo:http://www.ars.usda.gov/is/pr/2009/090520.htm

Europa

Collaborazione nella ricerca per combattere la peronospera

La peronospera è una delle più temute malattie delle patate. Causata da un fungo patogeno, il Phytophthora infestans, questa malattia è stata la causa della Grande Carestia Irlandese che nella seconda metà del XIX secolo ha costretto oltre 1,5 milioni di irlandesi a emigrare. La peronospora costa agli agricoltori irlandesi 3 miliardi di sterline all’anno (pari a oltre 3,5 miliardi di euro) di perdita di raccolto e costo di pesticidi. Si è recentemente scoperto che le specie cugine Phytophthora ramorum e Phytophthora kernoviae stanno infettando alberi e arbusti nativi.

Gli scienziati dell’Università di Dundee, dell’Università di Warwick e dello Scottish Crop Research Institute si sono riuniti per esaminare il meccanismo molecolare alla base dell’infezione da Phytophthora. Questa collaborazione sarà finanziata grazie a uno stanziamento di 3,5 milioni di sterline (pari a oltre 4 miliardi di euro) da parte del Biotechnology and Biological Sciences Research Council (BBSRC). I ricercatori si concentreranno in maniera specifica sugli effettori, o molecole che legano le proteine, che vengono scatenati dall’attacco della Phytophthora.

Ulteriori informazioni sono disponibili a questo indirizzo:http://www.scri.ac.uk/news/blightproject


Nuovi ceppi di ruggine minacciano il frumento invernale

Il National Institue of Agricultural Botany (NIAB) del Regno Unito sta studiando una nuova varietà di ruggine gialla in grado di devastare i semi di frumento invernale. Rosemary Bayles, ricercatrice del NIAB, ha dichiarato che l’insorgenza della malattia è già stata riscontrata nel frumento, malgrado in passato si pensasse che questo non si sarebbe verificato.

Le nuove varietà attaccano le sementi del Solstizio, una varietà invernale di frumento famosa per la sua resistenza alle varietà conosciute di ruggine gialla. I ricercatori del NIAB stanno attualmente valutando la suscettibilità di altre varietà di frumento a queste nuove varietà di ruggine gialla.

L’articolo originale è disponibile a questo indirizzo: http://www.niab.com/news.html


Inaugurato a Madrid un nuovo centro per la genomica delle piante e le biotecnologie

A Madrid è stato inaugurato il 1° maggio 2009 un nuovo Centro per la Genomica delle Piante e le Biotecnologie, all’interno del Parco Scientifico e Tecnologico della Universidad Politécnica di Madrid. La struttura è dedicata alla ricerca avanzata sui microorganismi associati alle piante per incrementare le rese dei raccolti.

Javier Uceda, rettore dell’Universidad Politécnica di Madrid ha dichiarato che il centro “coprirà una gran parte delle questioni multidisciplinari delle biotecnologie vegetali e sarà un centro di eccellenza per la formazione delle risorse umane mediante programmi post universitari, di dottorato e master di alta qualità”.

Gli studi del BGCP si dividono in tre settori, Biologia dello Sviluppo delle Piante, Interazioni dei Microorganismi delle Piante, e Genomica Funzionale. Il centro analizzerà l’adattamento delle piante alle diverse condizioni quali la salinità del suolo e i meccanismi di difesa contro diversi patogeni.

La versione integrale dell’articolo è disponibile a questo indirizzo: http://www2.upm.es/portal/site/institucional/menuitem.fa77d63875fa4490b99bfa04dffb46a8/?vgnextoid=14f6cc06cc6e0210VgnVCM10000009c7648aRCRD


A breve nel Regno Unito un centro per la ricerca applicata sulle colture

Il National Institute of Agricultural Botany (NIAB) e la Arable Group (TAG) del Regno Unito istituiranno un centro indipendente per la documentazione e la ricerca applicata alle colture. Il centro metterà a disposizione le proprie competenze sulle sementi e informazioni sulle varietà e sulle pipeline per lo sviluppo di varietà protette.

In una dichiarazione congiunta che annunciava il progetto, il Presidente del Board del NIAB, Tony Pexton e il Presidente del Board di TAG, Geoff Elliot hanno dichiarato: “In un periodo caratterizzato dal crescente interesse nel miglioramento delle colture e nell’agricoltura produttiva, una nuova organizzazione nazionale, che riunisce le competenze del NIAB nella genetica vegetale, nella valutazione delle varietà e nell’analisi delle sementi, con le capacità del TAG nella ricerca agronomica applicata e nella comunicazione agli agricoltori, sarà posizionata in maniera ideale per rispondere alle esigenze di ricerca sulle colture e di divulgazione di informazioni agli agricoltori, alle industrie interessate, al mondo della ricerca e al governo del Regno Unito”.

Per ulteriori informazioni è possibile contattare Tony Pexton, Presidente del Board del Niab, a questo indirizzo: tonypexton@pextonfarms.co.uk oppure visitare questo sito: http://www.niab.com/news.html#newsanchortwo


L’Università di Aberystwyth ottiene un fondo per sequenziare il genoma della segale

Un fondo di 1,6 milioni di sterline (pari a oltre 1,8 milioni di euro) è stato stanziato dallo United Kingdom's Biotechnology and Biological Sciences Research Council (BBSRC) a favore dei ricercatori della Aberystwyth University che stanno studiando come sviluppare una mappa fisica del genoma della segale perenne. La segale è l’erba maggiormente coltivata nel Regno Unito e costituisce uno dei principali elementi alla base dei pascoli, dei prati, dei giardini, dei parchi e del verde utilizzato per lo sport. Il progetto è finanziato anche da Germinal Holdings, Syngenta e ViaLactia Biosciences.

“La mappa fisica del genoma della segale contribuirà allo sviluppo di nuove varietà di erba che potranno affrontare la sfida della sostenibilità e della performance in condizioni di cambiamento climatico” ha dichiarato Ian Armstead, ricercatore presso la Aberystwyth University. “Questo porterà inoltre a una maggiore comprensione delle similitudini e delle differenze fra i genomi e le erbe e i cereali vicini, fra i quali vi sono il frumento, l’avena e l’orzo, dai quali dipendiamo tutti quando parliamo di sicurezza alimentare.

La versione integrale dell’articolo è disponibile a questo indirizzo: http://www.aber.ac.uk/aberonline/en/archive/2009/05/au7209/

RICERCA

Tabacco per produrre anticorpi simili a quelli umani

Diversi studi hanno dimostrato la possibilità di utilizzare le piante come ospiti per la produzione a basso costo di proteine utili in ambito farmaceutico quali gli anticorpi monoclonali. Secondo i ricercatori è ora possibile produrre grandi quantità di anticorpi monoclonali, fino a 500 mg per chilo di foglie, utilizzando sistemi di espressione passeggera basati su virus. Tuttavia molte proteine utilizzate in ambito farmaceutico sono proteine complesse che richiedono modifiche post-trasduzionali perché siano attive dal punto di vista biologico. Alcune proteine devono essere glicosilate, cioè ricoperte di zucchero, per funzionare correttamente. I rivestimenti di zucchero, detti anche N-glicani, prodotti dalle cellule delle piante sono diversi da quelli prodotti dalle cellule animali. Queste differenze limitano al momento la produzione commerciale di farmaci glicosilati prodotti dalle piante.

Un gruppo di ricercatori francesi e canadesi ha sviluppato un metodo per ‘umanizzare’ la struttura degli N-glicani nelle piante di tabacco silenziando l’attività di alcuni enzimi delle piante e la co-espressione passeggera del gene chimerico beta 1-4 galattosiltransferasi, un enzima che riveste un ruolo cruciale nel processo di glicosilazione delle cellule dei mammiferi. Il metodo utilizzato dagli scienziati ha avuto successo non solo nella produzione di anticorpi con una struttura ideale di N-glicani, ma sono stati anche prodotti anticorpi ricombinanti a livelli che raggiungono 1.5 g/per chilo di prodotto fresco, più alti del 100% rispetto a studi simili.

Il documento pubblicato dal Plant Biotechnology Journal è disponibile all’indirizzo: http://dx.doi.org/10.1111/j.1467-7652.2009.00414.x


Sviluppata dai ricercatori una varietà di patata resistente al marciume del tubero

I ricercatori del New Zealand Institute for Plant & Food Research Ltd hanno sviluppato piante di patata resistenti alla Erwinia carotovora, responsabile del marciume del tubero, introducendo un gene sintetico che codifica per la magainina 2. I microbi presenti nel suolo causano la patologia della carie soffice nelle patate, carote e altre colture e può portare alla perdita dell’intero raccolto.

Le piante di patata resistenti alla carie soffice sviluppate dai ricercatori esprimono il gene sintetico magainina 2. Identificato per la prima volta nella pelle delle rane, la magainina è un peptide che risulta tossico per i microbi ma non per le cellule dei mammiferi. Diversi studi hanno inoltre dimostrato che i peptidi sono particolarmente attivi contro diverse fitopatologie, tra cui alcune patologie fungine e agenti batterici che possono causare lesioni e carbonchio.

Modificando il gene magainina, i ricercatori hanno compiuto diverse mutazioni per ridurre la suscettibilità del peptide alla divisione proteolitica e aumentare la sua attività contro i procarioti. Le linee transgeniche di patata sono state sottoposte a test per tre stagioni di coltivazione. Le patate resistenti alla carie soffice sono risultate simili alle varietà convenzionali in termini di produttività e di altri criteri agronomici.

L’articolo pubblicato dall’Open Plant Science Journal è disponibile gratuitamente all’indirizzo: http://dx.doi.org/10.2174/1874294700903010014


Il betacarotene nel Golden Rice viene effettivamente trasformato in Vitamina A

Uno studio condotto dai ricercatori della Tufts University, del Baylor College of Medicine e del Dipartimento per l’Agricoltura degli Stati Uniti ha dimostrato che il betacarotene presente nel Golden Rice è effettivamente trasformato in vitamina A nell’organismo umano. Cinque individui adulti volontari hanno mangiato per 36 giorni porzioni di golden rice 8da 65 a 98 g) con un contenuto di 1–1.5 mg di betacarotene. I ricercatori hanno quindi misurato la quantità di retinolo, vitamina A, tramite i campioni di sangue dei volontari e hanno notato che per quattro unità di betacarotene assimilate con il Golden era stata ottenuta una unità di vitamina A (in particolare 3.8 ± 1.7 a 1 con una variazione tra 1.9–6.4 per 1 secondo il peso).

Golden Rice, che presenta i geni biosintesi del betacarotene, psy della giunchiglia e crt1 from Erwinia, contiene 35 microgrammi di beta-carotene per grammo.

L’articolo completo pubblicato dall’American Journal of Clinical Nutrition è disponibile all’indirizzo: http://dx.doi.org/10.3945/ajcn.2008.27119


Monitoraggio post-commercializzazione del mais Bt

Secondo la normativa Ue, è obbligatorio effettuare il monitoraggio post-commercializzazione (PMM) ai fini di assicurare l’identificazione e la prevenzione di possibili effetti dannosi per l’ambiente provenienti dalla coltivazione di sementi GM per scopi commerciali. Attualmente, la necessità, l’estensione e la modalità di programmi adeguati di PMM per le coltivazioni di mais Bt sono oggetto di controversia e discussione tra i diversi enti regolatori dell’Unione europea, le autorità nazionali e l’industria agricola biotech. Olivier Sanvido e il suo team dell’Agroscope ART di Zurigo, in Svizzera propongono due modalità per effettuare il monitoraggio PMM del mais Bt ai fini di individuare potenziali effetti su farfalle e i nemici naturali.

Nella prima pubblicazione relativa alle farfalle, l’analisi dei ricercatori ha mostrato che un programma di monitoraggio, anche se condotto con un notevole sforzo di campionatura, nel migliore dei casi potrà individuare gli effetti più imponenti su tipologie di farfalle molto diffuse. La conclusione è che studi di valutazione del rischio ideati in modo adeguato possono evidenziare eventuali conseguenze importanti a livello ecologico in modo molto più accurato rispetto agli studi di monitoraggio. Il secondo studio incentrato su i nemici naturali mostra che un monitoraggio della fauna in relazione a gruppi specifici di artropodi non è da considerarsi come un metodo adeguato per individuare carenze nelle funzioni di controllo biologico. In alternativa viene proposto un metodo che consiste nell’analizzare indirettamente le funzioni di controllo biologico attraverso un’indagine sull’insorgenza (di malattie) negli erbivori del mais.

Il documento sulle farfalle pubblicato dalla rivista Agriculture, Ecosystems and Environment è disponibile all’indirizzo: http://dx.doi.org/10.1016/j.agee.2009.01.007 Il documento sui nemici naturali pubblicato da Journal of Applied Entomology è disponibile all’indirizzo: http://www3.interscience.wiley.com/journal/121545081/abstract


Sviluppata dai ricercatori una varietà di lattuga con un maggiore contenuto di acido folico

Consumare alimenti con un contenuto elevato di acido folico è molto importante durante i periodi di rapida divisione cellulare e di crescita, specialmente durante la gravidanza. L’acido folico è una vitamina idrosolubile del gruppo B ed è necessaria per la corretta formazione di globuli rossi. La carenza di acido folico è all’origine di malformazioni quali l’anencefalia e la spina bifida o la chiusura del tubo neurale nei bambini e anemia megaloblastica negli adulti. Numerosi studi hanno mostrato che un’integrazione dell’acido folico può contribuire a ridurre in modo significativo l’incidenza di difetti del tubo neurale, di ictus cerebrale e alcuni tipi di tumori infantili.

Le piante e i microrganismi sono in grado di sintetizzare l’acido folico, ma negli animali la via metabolica di sintesi dell’acido folico manca completamente. Gli esseri umani hanno bisogno di consumarne circa 400 microgrammi al giorno, principalmente dai vegetali. Rafforzare il contenuto di acido folico nelle colture più importanti e potrebbe rappresentare una soluzione efficace per contrastare la carenza di acido folico soprattutto nei paesi in via di sviluppo.

Un gruppo di ricercatori dell’EMBRAPA (Brazilian Agricultural Research Corporation) e dell’Università di Brasilia hanno sviluppato diverse linee di lattuga con un alto contenuto di acido folico. Queste piante di lattuga presentano un gene sintetico espresso gchI, basato su un gene di pollo nativo. Questo codifica un enzima che riveste un ruolo centrale nella via metabolica biosintetica dell’acido folico. Le linee di lattuga GM contengono da due fino a otto volte la quantità di acido folico rispetto alle linee non transgeniche. Secondo i ricercatori il contenuto di acido folico nelle varietà migliorate di lattuga fornirebbero il 26% della quantità delle Assunzioni Alimentari di Riferimento (Dietary Reference Intake - DRI) per un individuo adulto, in una normale porzione.

Il documento pubblicato da Transgenic Research è disponibile all’indirizzo: http://dx.doi.org/10.1007/s11248-009-9256-1


Un passo avanti nello sviluppo di un vaccino contro l’HIV

Nonostante oltre due decenni di impegno intenso nella ricerca, i ricercatori non sono ancora riusciti a sviluppare un vaccino efficace contro il virus HIV. Secondo i ricercatori il vaccino ideale contro il virus HIV dovrebbe essere in grado di prevenire la trasmissione del virus e avere un costo molto basso, in modo da consentirne un’ampia diffusione nei paesi in via di sviluppo. Le piante sono state impiegate come fabbriche biologiche per produrre antigeni HIV da utilizzare come possibili componenti di vaccini contro l’AIDS. Vaccini prodotti dalle piante, efficaci e poco costosi potrebbero risultare vantaggiosi, in particolare nei paesi in via di sviluppo.

Un gruppo di ricercatori dell’Örebro University in Svezia ha recentemente annunciato di essere riusciti a produrre l’antigene p24 del virus HIV nelle piante. L’antigene p24, una proteina contenuta nel core del virus HIV, è il maggiore target delle risposte immunitarie mediate dalle cellule T negli individui sieropositivi.

Alcuni topi sono stati alimentati con piante con un alto contenuti di p24 hanno reagito producendo anticorpi contro la proteina. "è altamente probabile che il sistema immunitario umano risponda allo stesso modo, ma non si può affermare che questo sia sufficiente per offrire una protezione/difesa completa/totale", ha dichiarato Ingrid Lindh, ricercatore leader del progetto. Per aumentare l’efficacia del vaccino, i ricercatori aggiungeranno più proteine HIV insieme ad altri elementi /sostanze che rinforzeranno la reazione dell’organismo contro le proteine specifiche dell’HIV. Sperimenteranno inoltre l’espressione dell’antigene p24 in una "pianta facile da coltivare in climi diversi e facilmente accettata in culture diverse".

Il testo completo è disponibile all’indirizzo: http://www.alphagalileo.org/ViewItem.aspx?ItemId=57761&CultureCode=en


Microbicidi HIV dalle piante transgeniche

I ricercatori dell’Università St. George di Londra hanno compiuto un importante passo avanti, sviluppando una proteina che può uccidere il virus HIV se usata come microbicida. I ricercatori hanno inoltre identificato un metodo per produrre la proteina dalle piante in quantità sufficiente da renderla accessibile alle popolazioni dei paesi in via di sviluppo. Lo studio è stato pubblicato dalla rivista FASEB Journal.

Julian Ma e il suo gruppo hanno combinato due proteine microbicida già note, l’anticorpo monoclonale B12 e la cianovirina-N, in un’unica molecola e hanno scoperto che questa molecola ha un’efficacia contro il virus HIV maggiore rispetto alle sue singole componenti. Forme biologicamente attive di questa fusione molecolare sono state prodotte da piante transgeniche.

Gerald Weissmann, redattore del FASEB Journal, ha dichiarato: "Questo studio segna un importante passo — non solo consente di produrre un nuovo farmaco per contrastare la diffusione del virus HIV, ma ci mostra anche come sia possibile produrlo su ampia scale perché possano averlo coloro che ne hanno più bisogno".

Un estratto dell’articolo è disponibile at http://dx.doi.org/10.1096/fj.09-131995


Identificate le proteine che contrastano la reazione eccessiva del sistema immunitario delle piante

Anche le piante hanno un loro specifico sistema immunitario che, in modo molto simile a quello degli esseri umani, è soggetto ad avere reazioni eccessive. Se il sistema immunitario reagisce in modo eccessivo all’attacco di agenti patogeni, può influire sullo sviluppo della pianta e ridurre la produzione di semi. I ricercatori dell’Università del Minnesota, hanno identificato dei soppressori importanti, che regolano negativamente le risposte immunitarie nella pianta modello, Arabidopsis thaliana. Secondo gli scienziati, una migliore comprensione del sistema immunitario della pianta, consentirebbe ai coltivatori di creare sementi con protezione più prolungata contro patogeni.

Il sistema immunitario delle piante funziona nel seguente modo: i patogeni producono proteine effettori che confondono il sistema immunitario della pianta. Questi effettori innescano una risposta immunitaria attivando specifiche proteine di resistenza della pianta. Le proteine di resistenza, a loro volta, sono regolate da soppressori, che consentono di fornire una risposta ottimale contro i patogeni, riducendo al minimo gli effetti collaterali per la pianta. I soppressori agiscono come controllori del sistema immunitario della pianta impedendo le reazioni eccessive.

Nello studio pubblicato dalla rivista Plant Journal, Walter Gassmann e il suo team di ricercatori hanno preso in esame piante con mutazioni genetiche che presentavano un sistema di difesa immunitaria più elevata. Studiando questa mutazione, i ricercatori sono riusciti a identificare specifiche componenti genetiche che possono regolare in modo negativo il sistema immunitario e così contribuire a una risposta immunitaria appropriata.

L’articolo completo è disponibile all’indirizzo http://munews.missouri.edu/news-releases/2009/0527-Gassman-plant-defense.php I documenti pubblicati dal The Plant Journal e dal Plant Signaling and Behavior possono essere scaricati al seguente indirizzo http://dx.doi.org/10.1111/j.1365-313X.2008.03669.x e http://www.landesbioscience.com/journals/10/article/7682/

BIOCOMBUSTIBILI

Dalle biomasse carburante o elettricità?

http://www.technologyreview.it/?p=article&a=1223
http://www.sciencemag.org/cgi/content/abstract/1168885 (per leggere l’articolo completo potrebbe essere richiesto l’abbonamento a pagamento)

Uno studio recentemente pubblicato dalla rivista Science analizza e confronta i benefici delle due alternative della produzione di energia dalle biomasse: la trasformazione in carburanti per i trasporti (etanolo) e la conversione in energia elettrica (bioelettricità). Lo studio - Greater Transportation Energy and GHG Offsets from Bioelectricity Than Ethanol – è stato condotto in collaborazione da ricercatori della University of California Merced, della Stanford University e del Carnegie Institution of Washington. La trasformazione delle biomasse in etanolo (per i trasporti) implica una serie di passaggi di tipo fisico, chimico e biologico. La produzione di elettricità da biomasse implica generalmente la combustione diretta cioè si bruciano biomasse e si utilizza il calore per generare elettricità. Utilizzando il Biofuel Analysis Meta-Model (EBAMM) ideato dalla University of California, Berkeley, i ricercatori hanno analizzato i diversi scenari "prendendo in considerazione una gamma di coltivazioni, che comprende mais e switchgrass, e diverse tecnologie per la conversione energetica". Le ricerche mostrano che "la bioelettricità risulta molto più efficiente rispetto all’etanolo anche per quanto riguarda la trasformazione delle materie prime, le tecnologie di conversione e le classi di veicoli ". Secondo lo studio la produzione di elettricità dalle biomasse sarebbe dell’80% più efficiente rispetto alla trasformazione in biocarburanti. Avrebbe inoltre una maggiore efficienza nella riduzione delle emissioni di gas serra (circa il 108% di riduzioni in più per area coltivata) rispetto alla produzione di etanolo da cellulosa.


“Ritarare le aspettative globali” in tema di biocarburanti dall’agricoltura

http://www.iop.org/EJ/article/1748-9326/4/1/014004/erl9_1_014004.pdf?request-id=4728ec53-2dd9-4189-88c5-681bbdfaa90d
http://www.thebioenergysite.com/articles/249/resetting-global-expectations-from-agricultural-biofuels

In uno studio recente alcuni ricercatori della University del Wisconsin (Madison), la University of Minnesota, e l’Arizona State University hanno presentato "una nuova analisi della produzione di biocarburanti basata su i dati censiti maggiormente disponibili in ambito agricolo a livello globale. Queste nuove informazioni secondo quanto riportato offrono "la prima opportunità di considerare secondo schemi geografici specifici la produzione di biocarburanti nelle diverse aree, su scala globale, continentale, nazionale e regionale". Sono stati analizzati dati relativi a dieci tipi di materie prime per la produzione di etanolo (orzo, manioca, mais, patata, riso, sorgo, zucchero di barbabietola, zucchero di canna, patata dolce e frumento) e dieci tipi di materie prime per la produzione di biodiesel (ricino, cocco, cotone, senape, palma da olio, arachidi, colza, sesamo, soia e girasole). I risultati indicano "l’esistenza continua di dislivelli significativi e diversi dal punto di vista geografico nella produzione agricola per la maggior parte delle sementi per biocarburanti " e l’uso di una singola valutazione di produzione (generalmente presa da un'unica area o da campi sperimentali e applicata alla maggior parte delle aree o su scala globale) "può essere fuorviante e spesso porta a una sovrastima della produzione attuale di materie prime dall’agricoltura" dal 100% al 150%. Il testo completo dello studio è pubblicato dalla rivista Environmental Research Letters (URL above).


Rapporto sulla ricerca microbiologica sui carburanti di nuova generazione

http://www.eurekalert.org/pub_releases/2009-05/asfm-swt051409.php
http://www.ustream.tv/recorded/1525406

(Filmato della conferenza stampa dell’American Society for Microbiology) I microorganismi possono svolgere un ruolo importante nello sviluppo dei biocarburanti di nuova generazione. In uno studio presentato durante il Convegno dell’American Society for Microbiology, un gruppo di ricercatori ha illustrato gli ultimi progetti per lo sviluppo di nuovi biocarburanti attraverso studi di microbiologia e biotecnologia. Martin Keller, dell’Oak Ridge National Laboratory del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti ha presentato uno studio su un batterio termofilo, l’Anaerocellum, che cresce in presenza di temperature elevate ed è in grado di trasformare le biomasse da cellulosa in etanolo. Questa trasformazione diretta della cellulosa in etanolo elimina il passaggio della saccarificazione (da cellulosa a zuccheri) e rappresenta una nuova tendenza mirata alla riduzione dei costi nella produzione di biocarburanti, detta Consolidated bioprocessing (CBP). Andreas Shirmer, ricercatore della LS9, società con sede a San Francisco, ha illustrato lo sviluppo di un processo di produzione di diesel basato su un singolo passaggio da un batterio brevettato, geneticamente modificato. Tim Donahue, dell’Università del Wisconsin, ha presentato lo studio cui sta lavorando e che ha per oggetto un microrganismo foto sintetico, Rhodobacter sphaeroides, in grado di produrre idrogeno dalle materie prime di cellulosa e dalla luce solare. Infine, James Liao ha descritto il suo studio sulla modifica genetica del batterio, E.coli, per la produzione di isobutanolo (un alcol a 4 atomi di carbonio considerato come un biocarburante tra i più avanzati).

Articoli correlati: Consolidated bioprocessing potential using Anaerocellum thermophillum http://www.orau.gov/gtl2009/abstracts/Keller_Martin_15.pdf Isobutanol (Advanced Biofuel) from Modified Microbes http://www.genengnews.com/biobusiness/cpitem.aspx?aid=2905